Le origini della chiesa sono antichissime; ne fa testo la sua appartenenza ai beni dei monaci Farfensi: già nel 1408, nel tempo dell’elezione dell’abate Berardo primo, la plebem Sancti Flaviani” viene citata come possedimento farfense. Nel 1163 l’intero territorio venarottese, con tutte le sue chiese, è contenuto nell’elenco della donazione fatta da Attone di Trasmondo a Goffredo, abate del monastero di S. Maria in Farfa. Nel “Motu proprio” di Benedetto XIV (4 agosto 1747) riportato dal Sinodo Diocesano di Mons. Marana, la Chiesa di S. Flaviano in Capodipiano, riportata tra le chiese di proprietà Farfense, viene smembrata e aggregata alle altre chiese della Diocesi Ascolana. La struttura a capanna della chiesa, il materiale adoperato (masselli in travertino e pietra locale), la posizione verso oriente, alcuni affreschi affiorati nella parete nord, attestano le sue antichissime origini. Nella visita pastorale fatta da Mons. Aragona nel 1580, la chiesa, ad una sola navata, era lunga 8 passi e larga 4, con due altari. La Chiesa di S. Flaviano subì una trasformazione radicale alla fine del XVI secolo: fu allungata e allargata con l’aggiunta di un’altra navata, con un altro ingresso laterale, protetto da un piccolo portico. Furono costruiti i due grandi altari a modo di Cappelle. (altare maggiore e l’altare della Madonna del Rosario) nonché i due altari nella seconda navata, dedicati uno a S. Antonio abate e l’altro a Santa Apollonia. Attualmente l’interno della chiesa è ad una sola navata, con l’Altare maggiore a forma di Cappella, in legno, con 4 colonne lisce e staccate, in parte verniciate a vari colori, in parte dorate. La mensa in forma di urna porta la data el 1782. la pala d’altare di S. Flaviano e s. Giovanni Battista è opera di Dino Ferrari (1954). La Cappella laterale del S.mo Rosario è anche essa in legno, con due colonne tonde indorate e un quadro ovato in tela, attribuito a Simone de Magistris (1540-1611). La navata laterale, rimurata nel 1952, è oggi adibita a sala per incontri di catechismo. Nella parete verso oriente vi è ancora l’altare in stucco opera di Lazzaro Giosaffatti (1694-1779) e, nella parete opposta, un affresco molto rovinato del 1620, con S. Apollonia, S. Stefano e S. Carlo Borromeo. Sulla stessa parete, si erge la vela campanaria, ricostruita e ampliata nel 1883.